๐๐๐ง๐ฌ๐๐ซ๐, ๐ฌ๐๐ซ๐ข๐ฏ๐๐ซ๐, ๐๐จ๐ฆ๐ฎ๐ง๐ข๐๐๐ซ๐ ๐๐ข ๐ ๐ฅ๐๐ฏ๐ข๐จ ๐๐๐ ๐๐ง๐จ
In una celebre scena del film Palombella rossa, Nanni Moretti ammonisce una giornalista che lo intervista, dicendole: ยซChi parla male, pensa male!ยป
Niente di piรน vero. Ma chi scrive male si trova in una condizione ancora piรน beffarda perchรฉ, per quanto il suo pensiero possa essere corretto, non potrร trasmetterlo.
Priva di accenti, di intonazioni, di ripetizioni, e priva del supporto multimediale di comunicazione non verbale con cui corrediamo, istintivamente o meno, i nostri discorsi, la forma scritta del pensiero รจ la piรน esposta alle insidie di nemici subdolo: il fraintendimento.
Lโincapacitร di comunicare ad altri, con semplicitร e precisione, il proprio pensiero, รจ in fondo una forma umiliante di autotradimento. Una clamorosa svalutazione delle nostre stesse idee. Una supina accettazione del disordine allโinterno del sistema in cui operiamo. Disordine che, naturalmente, puรฒ estendersi su scala ad ampie parti di unโintera societร , e persino arrivare a contraddistinguere unโintera epoca.
Oggi, purtroppo, cโรจ molta disattenzione, a tutti i livelli dellโistruzione scolastica, nei confronti della scrittura. E la capacitร di trasmettere il pensiero in linea orizzontale, cioรจ a chi vive intorno a noi, o verticale, cioรจ a chi verrร dopo di noi, risulta seriamente compromessa.
Quando ci poniamo il problema della qualitร della scrittura, siamo erroneamente portati a pensare prima di tutto allโambito letterario. In qualche modo, insomma, alla bellezza della scrittura.
Ma la scrittura tecnica โ ad esempio quella giuridica o quella scientifica โ รจ esposta a insidie forse addirittura superiori. Infatti, quelli che spesso si ritengono essere una sorta di scudi protettivi, ad esempio un gergo e un sistema di pensiero altamente specifici, rischiano di produrre lโeffetto opposto.
Non bisogna mai dimenticare che la scrittura รจ in sรฉ un insieme di segni finalizzato alla pura e semplice trasmissione del pensiero, allโinsegna di due caratteristiche fondamentali: la chiarezza, e la capacitร di sintesi.
Il che vale sommamente per ambiti come quello giuridico, che trovano nella capacitร di comunicare un dato sapere allโintera comunitร , la loro stessa ragione di esistere.
Secondo il dizionario Treccani, la ยซscritturaยป รจ ยซlโinsieme dei segni grafici convenzionali con cui si realizza la rappresentazione delle espressioni linguisticheยป: scrittura ideografica, pittografica, geroglifica, cuneiforme e, naturalmente, alfabetica. La quale a sua volta si esprime in innumerevoli varianti: scrittura insulare, beneventana, carolina, destrorsa (non cโรจ alcunchรฉ di politico…), sinistrorsa (c. s.), bustrofedica (ovvero alternatamente destrorsa e sinistrorsa, e qui lโaccostamento alla politica dei nostri giorni sembrerebbe purtroppo ineluttabile…).
Ma Treccani non manca di mettere in evidenza la ricchezza dei modi in cui si puรฒ giudicare una scrittura, soffermandosi su quello che รจ il vero mistero del connubio fra i tre elementi che abbiamo individuato: pensare, scrivere, comunicare/essere: lo stile.
Non dimentichiamo che la portata di questo tema รจ tale che Scrittura, con la S, รจ addirittura sinonimo di Parola di Dio.
Viviamo in unโepoca di parlatori. Ma il linguaggio parlato, specie in una societร altamente mediatica come la nostra, รจ fatalmente ostaggio del piรน facile qualunquismo e del piรน infimo sentimentalismo. Si dice, con unโorrenda espressione, ยซparlare alle panceยป.
Giร , ma che succede se noi non vogliamo fare questo, e vogliamo invece parlare alle menti e alle anime? Che succede se vogliamo parlare alle persone, per spiegare loro la nostra meditata veritร , e non per coinvolgerle emotivamente o peggio abbindolarle?
Succede che abbiamo bisogno di padroneggiare lo strumento con il quale ci esprimiamo: la scrittura. E, per metterci nella condizione di adoperarlo nella maniera piรน efficace, abbiamo bisogno di alcuni esercizi di natura, per cosรฌ dire, spirituale.
Non รจ un problema di grammatica o di sintassi, quello che si pone a persone di elevato livello culturale. Ma รจ un problema di autocoscienza della scrittura, di capacitร di sviluppare ยซlโorecchio narrativoยป, e infine la capacitร di rendere oggettivo, il nostro pensiero soggettivo.
Come esempio, abbiamo scelto di fare un piccolo test, utilizzando un brano assai vicino, sotto molti punti di vista, a quello di una ยซscrittura sacraยป: la sentenza di un giudice della cui sapienza giuridica, รจ bene precisarlo, non dubitiamo certo.
Lโoriginale suona cosรฌ:
ร questa, a un di presso, la logica che presiede e sorregge la previsione di cui all’art. 21, comma 2ย bis, che – di lร dalla sua puntuale e specifica disamina esegetica, di cui subito si dovrร passare a dire – รจ ispirato al criterio dellaย abusivitร ย del vantaggio conseguito mediante il proprioย fatto dolosoย (onde si tratta qui, come vale ribadire, di una ordinaria e ragionevole applicazione del piรน comprensivo principio che vieta di salvaguardare posizioni di vantaggio conseguite in mala fede: concretando siffattaย mala fidesย – nel consueto senso spiccatamente oggettivo – proprio la “non affidabilitร ” del fatto, nella sua, altrimenti ordinaria, attitudine a generale legittime aspettative dell’altrui comportamento coerente).
Proviamo a riscrivere questo paragrafo, dimezzando le battute e cercando di tenere presente quanto sin qui detto.
La logica che presiede e sorregge la previsione di cui all’art. 21, comma 2ย bis. รจ ispirata โ al di lร della disamina esegetica – al criterio dellaย abusivitร ย del vantaggio conseguito mediante fatto doloso. Ed รจ sorretta dal piรน ampio principio che vieta di salvaguardare ogni vantaggio conseguito in mala fede, non operando, in tal caso, lโordinario principio di tutela dellโaffidamento.
Le battute si sono dimezzate, il contenuto รจ rimasto invariato e la sua trasmissione รจ piรน rapida, affidabile. E, vorremmo dire, persino piรน godibile.