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La Cassazione sulla diffamazione: rilievo della riconoscibilitร  della persona offesa nel messaggio diffamatorio

a cura del dott. Luca Cestaro

#diffamazione #art595cp #riconoscibilitร  #elementooggettivo #cassazione #offensivitร 

Corte di Cassazione, sez. V penale, Sentenza n. 40746 del 6 novembre 2024

La questione

La Corte era chiamata a esaminare il ricorso di Tizio contro la condanna per il reato di diffamazione (art. 595, co. 3, c.p.), in relazione a un messaggio pubblicato sui social media, ritenuto lesivo della reputazione di Caio. Il Tribunale e la Corte dโ€™Appello avevano confermato la responsabilitร  penale di Tizio, anche se nel messaggio non era esplicitamente indicato il nome della persona offesa, ma un riferimento generico (“un noto personaggio p***ese – lโ€™aggettivo riporta una provenienza geografica – che critica tutti“).

I motivi di ricorso

Lโ€™imputato ha contestato la violazione di legge e vizio di motivazione in relazione allโ€™omessa considerazione del difetto di riconoscibilitร  della persona offesa nel messaggio diffamatorio.

Il principio di diritto affermato

La Cassazione ha accolto il ricorso, statuendo che:

ยซIn materia di diffamazione, la Corte di cassazione puรฒ conoscere e valutare l’offensivitร  della frase che si assume lesiva della altrui reputazione, perchรฉ รจ compito del giudice di legittimitร  procedere in primo luogo a considerare la sussistenza o meno della materialitร  della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie, dovendo, in caso di esclusione di questa, pronunciare sentenza di assoluzione dell’imputatoยป.

Gli aspetti rilevanti della decisione

La Corte ha chiarito che la riconoscibilitร  della persona offesa รจ elemento essenziale del reato di diffamazione e parte integrante del c.d. elemento oggettivo del fatto. Pertanto, anche in assenza di deduzione specifica nellโ€™atto dโ€™appello, la questione puรฒ essere affrontata dโ€™ufficio, in quanto direttamente connessa alla sussistenza del reato.

La generica indicazione contenuta nel messaggio, pur lasciando spazio a interpretazioni, non รจ stata ritenuta sufficiente a integrare la riconoscibilitร  necessaria a fondare il reato.

L’individuazione del destinatario dell’offesa, difatti, deve essere deducibile, in termini di affidabile certezza, dalla stessa prospettazione dell’offesa stessa, di tal che รจ necessario ยซfare ricorso a un criterio oggettivo, non essendo consentito il ricorso ad intuizioni o soggettive congetture di persone che ritengano di potere essere destinatari dell’offesaยป.

La mancanza di elementi dotati di attitudine individualizzante ha, inoltre, indotto la Corte a escludere lโ€™applicabilitร , nel caso di specie, dell’orientamento giurisprudenziale ยซsecondo cui โ€œnon osta all’integrazione del reato di diffamazione l’assenza di indicazione nominativa del soggetto la cui reputazione รจ lesa, qualora lo stesso sia individuabile, sia pure da parte di un numero limitato di persone, attraverso gli elementi della fattispecie concreta, quali la natura e la portata dell’offesa, le circostanze narrate, oggettive e soggettive, e i riferimenti personali e temporaliโ€ยป.

La decisione

La Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, concludendo per lโ€™insussistenza del fatto diffamatorio.

Questa decisione ribadisce l’importanza dell’offensivitร  e della riconoscibilitร  nei reati contro l’onore, rimarcando il ruolo del giudice nel valutare, anche dโ€™ufficio, la sussistenza degli elementi costitutivi del reato.