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Sul suicidio assistito del paziente che non sia tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale
Corte Costituzionale, 18 luglio 2024, n. 135
La Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimitร costituzionale sollevate sullโarticolo 580 del codice penale, che miravano a estendere lโarea della non punibilitร del suicidio assistito oltre i confini stabiliti dalla Corte con la precedente sentenza del 2019.
Nella perdurante assenza di una legge che regoli la materia, i requisiti per lโaccesso al suicidio assistito restano quelli stabiliti dalla sentenza della Consulta n. 242 del 2019, compresa la dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale, il cui significato deve perรฒ essere correttamente interpretato in conformitร alla ratio sottostante a quella sentenza. Tutti questi requisiti – (a) irreversibilitร della patologia, (b) presenza di sofferenze fisiche o psicologiche, che il paziente reputa intollerabili, (c) dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale, (d) capacitร del paziente di prendere decisioni libere e consapevoli – devono essere accertati dal servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.
La Corte ha, anzitutto, escluso che il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale determini irragionevoli disparitร di trattamento tra i pazienti. La sentenza n. 242 del 2019 non aveva riconosciuto un generale diritto di terminare la propria vita in ogni situazione di sofferenza intollerabile determinata da una patologia irreversibile, ma aveva soltanto ยซritenuto irragionevole precludere lโaccesso al suicidio assistito di pazienti che โ versando in quelle condizioni, e mantenendo intatte le proprie capacitร decisionali โ giร abbiano il diritto, loro riconosciuto dalla legge n. 219 del 2017 in conformitร allโart. 32, secondo comma, Cost., di decidere di porre fine alla propria vita, rifiutando il trattamento necessario ad assicurarne la sopravvivenza. Una simile ratio, allโevidenza, non si estende a pazienti che non dipendano da trattamenti di sostegno vitale, i quali non hanno (o non hanno ancora) la possibilitร di lasciarsi morire semplicemente rifiutando le cure. Le due situazioni sono, dunque, differentiยป.
Quanto allโautodeterminazione terapeutica, la Corte ha ribadito che ogni paziente ha un diritto costituzionale di rifiutare qualsiasi trattamento medico non imposto per legge, anche se necessario per la sopravvivenza. Il diritto a una generale sfera di autonomia nelle decisioni che coinvolgono il proprio corpo รจ perรฒ piรน ampio del diritto a rifiutare il trattamento medico, e va necessariamente bilanciato con il contrapposto dovere di tutela della vita umana, specie delle persone piรน deboli e vulnerabili. Ciรฒ al fine di evitare non soltanto ogni possibile abuso, ma anche la creazione di una ยซpressione sociale indirettaยป che possa indurre quelle persone a farsi anzitempo da parte, ove percepiscano che la propria vita sia divenuta un peso per i familiari e per i terzi. Il compito di individuare il punto di equilibrio piรน appropriato tra il diritto allโautodeterminazione e il dovere di tutela della vita umana spetta primariamente al legislatore, nellโambito della cornice precisata dalla Corte nella propria giurisprudenza.
La Consulta ha precisato che la nozione di trattamenti di sostegno vitale deve essere interpretata dal servizio sanitario nazionale e dai giudici comuni in conformitร alla ratio della sentenza n. 242 del 2019. Questa sentenza si basa sul riconoscimento del diritto fondamentale del paziente a rifiutare ogni trattamento sanitario praticato sul proprio corpo, indipendentemente dal suo grado di complessitร tecnica e di invasivitร . La nozione include quindi anche procedure โ quali, ad esempio, lโevacuazione manuale, lโinserimento di cateteri o lโaspirazione del muco dalle vie bronchiali โ normalmente compiute da personale sanitario, ma che possono essere apprese anche da familiari o โcaregiversโ che assistono il paziente, sempre che la loro interruzione determini prevedibilmente la morte del paziente in un breve lasso di tempo.
La Corte ha inoltre precisato che, ai fini dellโaccesso al suicidio assistito, non vi puรฒ essere distinzione tra la situazione del paziente giร sottoposto a trattamenti di sostegno vitale, di cui puรฒ chiedere lโinterruzione, e quella del paziente che non vi รจ ancora sottoposto, ma ha ormai necessitร di tali trattamenti per sostenere le sue funzioni vitali. Dal momento che anche in questa situazione il paziente puรฒ legittimamente rifiutare il trattamento, egli si trova giร nelle condizioni indicate dalla sentenza n. 242 del 2019.
Dโaltra parte, la Corte ha riaffermato la necessitร del puntuale rispetto delle condizioni procedurali fissate dalla sentenza n. 242 del 2019. ร dunque necessario, per tutti i fatti successivi al 2019, che le condizioni e le modalitร di esecuzione dellโaiuto al suicidio siano verificate da strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale nellโambito della ยซprocedura medicalizzataยป di cui alla legge n. 219 del 2017, previo parere del comitato etico territorialmente competente, senza che possa venire in rilievo lโipotetica equivalenza di procedure alternative in concreto seguite. Resta naturalmente impregiudicata la necessitร di un attento accertamento, da parte del giudice penale, di tutti i requisiti del reato, compreso lโelemento soggettivo.