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E il Signore impose un segno su Caino perché nessuno lo uccidesse (Genesi 4,1-16)
Nota in margine alla ordinanza della Corte costituzionale n. 97/2021 sul c.d. ergastolo ostativo
di Arcangelo Monaciliuni
Non intendo ritornare sul merito delle questioni sostanziali relative al c. detto ergastolo ostativo, ne ho scritto in âle pene non devono essere crudeliâ, né sulle perplessità in ordine alla scelta della Consulta (ord. n. 97 del 11/12 maggio 2021) di accertare lâillegittimità costituzionale delle relative norme sottoposte al suo vaglio senza dichiararla formalmente, assegnando al Parlamento tempo per intervenire. Perplessità legate al dato che una norma o Ú incostituzionale o non lo Ú, con quanto ne ha immediatamente a conseguire nei sensi di cui agli artt. 134 e 136 Cost., ed alla connessa riflessione che la Corte Ú chiamata a giudicare sulla legittimità costituzionale delle leggi, non sullâadeguatezza del loro inserimento nel sistema di contrasto alla criminalità . Abbiamo studiato che il giudice costituzionale decide se la norma, quale posta e quale inserita nel suo contesto ordinamentale, sia o meno conforme a Costituzione e che lo dichiari. Apparrebbe, in conseguenza, che il Parlamento, ove avesse a ritenere necessario riequilibrare il sistema, conservi la plenitudo potestatis di intervenire, ma a norma espunta e sol se, nella sua autonomia, lo ritenga necessario. Apparrebbe che, una volta accertata lâillegittimità costituzionale, un rinvio della sua dichiarazione ad un tempus incertus quando potrebbe -se pur in via di mera tesi avendo sempre il giudice delle leggi dato prova di saggezza- dover fare i conti con una diversa composizione della Corte (sempre in tesi, basterebbe lâingresso anche di un solo nuovo componente con âsensibilità â diversa da quello cui subentra), o con un clima culturale/giudiziario diverso.
Ma tantâÚ. Lâantico brocardo recita che de potestate vanum est disputare e, dunque, non resta che chinare il capo di fronte allâassunto della Corte di star âfacendo leva sui propri poteri di gestione del processo costituzionaleâ (cfr. infra sub punto A).
E, tuttavia, deve prendersi atto che si Ú di fronte ad un prius, avuto conto dellâoggetto concreto del contendere e dei principi âdi libertà â qui in gioco. Ed invero, la peculiarità della vicenda (vedi infra sul punto D) non appare poterla far ricomprendere nellâambito dei poteri che fin qui la Corte si Ú assegnati di âregolazione degli effetti temporaliâ delle sue pronunce in ragione di un bilanciamento fra diversi principi costituzionali, ovvero per âscongiurare che lâaffermazione di un principio costituzionale determini il sacrificio di un altroâ (cfr., da ultimo, C. C. sentenza n. 10 del 2015). Nel caso di specie, non si danno âprincipi costituzionaliâ contrapposti da bilanciarsi e, di più, il ârapporto esauritoâ potrebbe venirsi a determinare per effetto del differimento statuito dalla Corte.
Il che anche a dire che lâodierna scelta della Consulta, pur avendo profili comuni, non Ú affatto sovrapponibile, ma solo in parte assimilabile, ai precedenti in talune sedi richiamati, che quindi come tali non possono essere invocati, costituiti dalle decisioni intervenute in tema di âfine vitaâ (ord. n. 217 del 2018, che concesse un anno di tempo al Parlamento per disciplinarlo), in tema di pene ai giornalisti responsabili del delitto di diffamazione aggravata a mezzo stampa (ord. n. 132 del 2020, che sospende per un anno i giudizi a quibus per consentire al legislatore di intervenire) ed ancora in tema di giudici ausiliari (sentenza n. 41 del 2021 che, nel dichiarare lâillegittimità costituzionale delle norme che conferivano ai giudici ausiliari lo status, per vero, talune funzioni, di magistrati professionali togati, differisce lâefficacia della dichiarazione al momento del âcompletamento del riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nel tempi stabiliti dallâart. 32 del d.l.vo n. 116 del 2017â. Diversità che, a tacer dâaltro, agevole Ú rinvenire nelle diseguali (forse melius, opposte) posizioni sostanziali in gioco: una cosa Ú non uscire dal carcere, peraltro âduroâ, avendone diritto, altra cosa Ú non entrarvi e altra cosa ancora Ú far parte di collegi pur non avendonetitolo.
Tanto premesso ad inquadramento della questione, passo a trattare, sinteticamente e schematicamente scendendo pe li rami, il profilo che maggiormente mi intriga.
A- Non appare dubbio che lâordinanza n. 97/2021 abbia âaccertatoâ la violazione costituzionale delle previsioni che precludono lâaccesso alla libertà condizionale ai condannati allâergastolo che ânon collaboranoâ. Lo si trae, in piana evidenza, dai paragrafi 6, 7, 8 e 9 delle considerazioni in diritto della pronuncia. A fronte di questa incostituzionalità , inequivocamente accertata, non segue però lâannullamento delle norme denunciate, ma un ârinvio della trattazione⊠â (dispositivo dellâordinanza)
Ciò in quanto, sempre per come assunto testualmente dal giudice delle leggi nella parte finale della motivazione:
â⊠Lâaccoglimento immediato delle questioni proposte, in definitiva, comporterebbe effetti disarmonici sulla complessiva disciplina in esame.
Per tutti questi motivi, esigenze di collaborazione istituzionale impongono a questa Corte di disporre, facendo leva sui propri poteri di gestione del processo costituzionale, il rinvio del giudizio in corso e di fissare una nuova discussione delle questioni di legittimità costituzionale in esame allâudienza del 10 maggio 2022, dando al Parlamento un congruo tempo per affrontare la materia. Rimarrà nel frattempo sospeso anche il giudizio a quo.
Spetta in primo luogo al legislatore, infatti, ricercare il punto di equilibrio tra i diversi argomenti in campo, anche alla luce delle ragioni di incompatibilità con la Costituzione attualmente esibite dalla normativa censurata; mentre compito di questa Corte sarà quello di verificare ex post la conformità a Costituzione delle decisioni effettivamente assunte (ordinanze n. 132 del 2020 e n. 207 del 2018).â
B- Ora, ciò posto, ad intrigarmi non Ú tanto il cercare di comprendere cosa avverrà fra un anno in relazione alla situazione che sarà allora data (a seconda che il Parlamento non legiferi, ovvero legiferi, ma in maniera non conforme a Costituzione) e nemmeno quel che accadrà , a partire dallâoggi e fino al 10 maggio del 2022, in relazione ai diversi procedimenti della sorveglianza (ad es. lavoro esterno, semilibertà ), non pervenuti al vaglio formale del giudice delle leggi, ma in tesi affetti, quoadsubstantiam, dagli stessi vizi di illegittimità costituzionali âaccertatiâ dalla Consulta.
Palpabile Ú la difficoltà dei giudici di sorveglianza, chiamati a decisioni di non poco respiro. Se possono essere sospesi procedimenti giudiziari in attesa delle decisioni della Consulta, alcuna sospensione Ú possibile nelle more di una riforma legislativa e, nel contempo, del tutto integro appare doversi ritenere il potere di ogni giudice di decidere in merito al caso concreto al suo esame nei modi da ciascuno ritenuti dovuti, senza sentirsi vincolati da dicta (dallâaccertamento contenuto in motivazione) che, per scelta della Corte, non appaiono possedere forza e durezza tale da immediatamente astringere.
C- Ancorché costituisca questione certamente più delicata, perché relativa allo stesso istituto oggi scrutinato dalla Corte, non mi attrae nemmeno approfondire la sorte delle vicende in tutto similari a quella pervenuta al vaglio formale del giudice delle leggi, ovvero quale debba/possa essere il comportamento dei magistrati della Sorveglianza a fronte di domande di libertà condizionale.
D- Mi intriga invece focalizzare la sorte, concreta, molto concreta, di S.F. P., ossia dellâergastolano cui la inedita sortita della Corte, id est: il âdifferimentoâ della dichiarazione, ha precluso il diritto ad essere ammesso alla libertà condizionale in ragione di una normativa viziata da illegittimità costituzionale: per come âaccertatoâ, dalla stessa Corte Costituzionale e per come ritenuto dalla Suprema Corte di Cassazione che, con ordinanza del 3/18 giugno 2020, n. 18518, dichiarata la rilevanza e la non infondatezza della questione anche alla luce della pacifica giurisprudenza sovranazionale, ebbe a sollevare lâincidente di costituzionalità .
Mi intriga capire il limbo in cui Ú stato sprofondato, nelle more della trattazione e della decisione della Corte, da qui ad un anno, ovvero ancora in avanti nel caso in cui la Consulta, in luogo di pronunciarsi direttamente sullâeventuale riformavarata dal Parlamento (sulla sua conformità a Costituzione ed alle prescrizioni dellâordinanza n. 97), decidesse per una restituzione degli atti al giudice a quo per le rivalutazioni del caso, cui potrebbe seguire un nuovo vaglio della Consulta, ove la Cassazione lo avesse a ritenere necessario. Ed invero, nelle more, per espresso comando della Corte, âil processo a quo rimarrà sospesoâ (cfr. sopra). Comando, questo, esplicito nel suo significato di doversi attendere lâesito del percorso intero indicato dalla Corte, in tal modo facendosi luogo ad una sorta di integrazione del dictum, conforme alle norme processuali, contenuto nel dispositivo della pronuncia della Cassazione: âDichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione âŠ.Sospende il presente procedimentoâ.
Mi intriga comprendere se questo limbo, senza prefissazione di tempi certi, oltre a porre interrogativi in relazione diretta a questa singolare privazione di diritti âaccertatiâ -e quindi senza che possa oltre opporvisi la natura del reato commesso per il quale Ú stato pagato il prezzo che legge e giustizia han ritenuto dovuto- non possa creare (aver creato) anche una situazione di ineguaglianza sostanziale rispetto ai restanti ergastolani che, pur versando in condizioni identiche, al beneficio potrebbero essere ammessi fin dâora ove mai il singolo giudice, il giudice del procedimento singolo, dovesse invece ritenersi vincolato allâaccertamento dellâillegittimità costituzionale, pur non ancora formalmente espunta la norma dallâordinamento.
E, posto che troppo semplice e scolastico sarebbe oppormi che fin quanto la norma âstaâ ad essa occorre conformarsi, posto che il ventaglio di possibilità esiste, posto che ritenere âimplicitaâ una decisione della Corte sul punto non appare ammissibile, devono poter esistere soluzioni, vie procedurali/processuali per ovviare a questo prolungamento di pena, illegittimo certamente nella sostanza. E dunque, fra altri ârimediaâ ipotizzabili, non potrebbero rinvenirsi eventuali moduli che consentano di ritornare dinanzi allo stesso giudice delle leggi a che si pronunci sul punto? Peraltro, un nuovo eventuale pronunciamento della Corte, in tesi sollecitato dalla Cassazione in ordine ai profili sopra solo evidenziati, potrebbe alleviare il fardello dei magistrati di sorveglianza, fornendo indicazioni sulla sorte a conferirsi, sempre medio tempore, anche alle restanti situazioni, identiche o similari. Ed invero, la ripetuta pronuncia in commento, nel mentre si premura di disporre espressamente la sospensione del processo a quo sino al compimento del percorso indicato, non contiene quella che si rinviene nelle similari pronunce di cui si Ú detto sopra: âNegli altri giudizi, spetterà ai giudici valutare se, alla luce di quanto indicato nella presente pronuncia, analoghe questioni di legittimità costituzionale della disposizione in esame debbano essere considerate rilevanti e non manifestamente infondate, così da evitare lâapplicazione della disposizione stessa in parte quaâ (così sia nella pronuncia sul fine vita che in quella sui giornalisti). à un caso? Ha un significato e, nel caso, quale? Domanda legittima, io credo.