๐๐ ๐ฉ๐ข๐ฅ๐ฅ๐จ๐ฅ๐ ๐๐ข ๐๐ข๐ซ๐ข๐ญ๐ญ๐จ ๐๐๐ฅ ๐๐.๐๐.๐๐๐๐: La discriminazione โreligiosaโ dellโateismo
La discriminazione โreligiosaโ dellโateismo
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Corte di Cassazione, sez. I, ordinanza n. 7893 del 17.04.2020
La Corte di Appello aveva stabilito la legittimitร del rifiuto di un Comune di affiggere dei manifesti dellโUAAR (unione atei e agnostici razionalisti) escludendone il carattere discriminatorio e violativo della libertร di manifestazione del pensiero โatteso che il principio di laicitร dello Stato implica, non certo l’indifferenza nei confronti dell’esperienza religiosa, ma – ben al contrario – la salvaguardia della libertร di religione nell’ottica del pluralismo confessionale e culturale, e nel rispetto della dignitร della persona umana (art. 2 Cost.)โ.
La Corte di Cassazione ribalta completamente lโimpostazione del Giudice territoriale.
Innanzitutto, si chiarisce che lโart. 19 e lโart. 21 della Costituzione garantiscono la libertร religiosa e di manifestazione del pensiero anche nel senso della โlibertร di coscienzaโ intesa come libertร di mutare credo e anche di non averne alcuno โovverosia di professare una fede meramente laica o agnosticaโ. Dopo una primissima fase in cui la Corte costituzionale ha ritenuto garantita la sola libertร religiosa โpositivaโ, sin dagli anni โ70 del secolo scorso, la giurisprudenza costituzionale ha mutato indirizzo. Il Giudice delle leggi si รจ, infatti, attestato su una posizione che ritiene costituzionalmente garantita anche la libertร religiosa negativa che โrappresenta un aspetto della dignitร della persona umana, riconosciuta e dichiarata inviolabile dall’art. 2 Cost., e che, in quanto tale, spetta ugualmente tanto ai credenti quanto ai non credenti, siano essi atei o agnostici (art. 3 Cost.)โ. Il principio appena esposto trova conferma nellโart. 10 della Carta dei diritti fondamentali dellโU.E. e nellโart. 9 della C.E.D.U. nonchรฉ, conseguentemente, nella giurisprudenza della C.G.U.E. e della Corte Europea dei Diritti dellโUomo.
Il fondamentale principio di laicitร dello Stato, poi, caratterizza in senso pluralistico la forma del nostro Stato a cui impone โun atteggiamento equidistante ed imparziale nei confronti di tutte le confessioni religiose, e la paritร nella protezione della coscienza di ciascuna persona che si riconosce in una fede, quale che sia la confessione di appartenenza, ed anche se si tratta di una fede esclusivamente laica o agnosticaโ (C. Cost. n. 508/2000).
La libertร di coscienza, quindi, puรฒ essere oggetto di propaganda purchรฉ non si traduca nel nellโoffesa dellโaltrui libertร religiosa; nella Costituzione, โciascun diritto fondamentale, compresa la libertร di religione, รจ – per vero – predicato unitamente al suo limite (Corte Cost., sent., n. 63 del 2016; Corte Cost., sent. n. 67 del 2017)โ. In tal senso, il reato di vilipendio di chi professa un credo religioso (art. 403 c.p.) รจ chiara espressione di tale limite da inquadrare nellโottica del bilanciamento dei valori costituzionali.
Chiarito, quindi, che la libertร di coscienza puรฒ ben essere oggetto di propaganda, la Corte esplora il tema della possibile discriminatorietร della condotta adottata dal Comune ai sensi della direttiva U.E. n. 78/2000 e degli artt. 43 e 44 del d.lgs. 286/1998.Sono, infatti, discriminatorie tutte quelle condotte โche direttamente o indirettamente, comportino una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulle […] convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l’effetto di distruggere o di compromettere l’esercizio, in condizione di paritร , dei diritti umani e delle libertร fondamentaliโ.
Il diritto alla paritร di trattamento (i.e. a non essere discriminato) concreta una posizione di diritto soggettivo assoluto a presidio di un’area di libertร e potenzialitร del soggetto, possibile vittima delle discriminazioni, โrispetto a qualsiasi tipo di violazione – e dunque anche sul piano della discriminazione religiosa – posta in essere sia da privati che – come nella specie – dalla Pubblica Amministrazione, perfino di fronte all’esercizio di poteri discrezionali ed autoritativi da parte di quest’ultimaโ.
Ebbene, il rispetto del principio della paritร di trattamento va verificato alla luce dellโanalisi di un โrapporto relazionale tra due soggetti, ovverosia in una comparazione tra gli stessi, la quale evidenzi che uno di essi รจ stato, รจ, o sarร avvantaggiato rispetto all’altro, sia per effetto di una condotta posta in essere direttamente per creare la discriminazione, sia in conseguenza di un comportamento – in apparenza neutro – ma che abbia comunque una ricaduta negativa per i seguaci di una religione diversa da quella professata dai soggetti favoritiโ.
Non si deve, quindi, verificare la discriminatorietร concreta (in rapporto, nel caso di specie, alla effettiva concessione di spazi per lโaffissione alle confessioni religiose nel medesimo periodo) in rapporto a una condotta presente, ma occorre valutarla secondo un criterio diacronico anche, quindi, in rapporto a condotte passate, future ed eventuali dirette ad agevolare coloro che professano una determinata religione (invero, non รจ dubitabile che sia possibile affiggere manifesti per promuovere il proprio credo religioso).
Nel caso di specie, esclusa lโoffensivitร allโaltrui sentimento religioso della propaganda effettuata dallโUAAR, la Corte ha disposto la cassazione della Sentenza impugnata (con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello competente).